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Applicazione del principio di effettività.

Cassazione Penale, sentenza n. 51459 del 28 dicembre 2023.

MASSIMA:

“In materia di sicurezza sul lavoro, il preposto di fatto è colui che – pur in mancanza di un’investitura formale – esercita in concreto gli stessi poteri di un preposto assumendo, di conseguenza, la relativa posizione di garanzia, dovendo assicurare la sicurezza del lavoro e sovraintendere alle attività, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando quindi le direttive ricevute dal datore di lavoro.”.

CONCETTO TRATTATO:

In base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, indipendentemente dalla sua funzione.

COMMENTO:

Un capo squadra di una impresa subappaltatrice veniva condannato nei due primi gradi di giudizio perché ritenuto responsabile, quale preposto di fatto, dell’infortunio di un lavoratore rimasto colpito a un occhio da un chiodo schizzato da una muratura e che stava rimuovendo mediante una attrezzatura non idonea e per non essere intervenuto a sospendere quella operazione essendo il lavoratore privo degli occhiali di protezione.

L’imputato ricorreva in Cassazione per l’annullamento della sentenza di condanna, sostenendo che l’ordine di effettuare quella operazione era stato dato direttamente dal capo cantiere, e che la sentenza aveva errato nel sostenere che, essendo presente sul posto, avrebbe dovuto adottare una maggiore vigilanza sull’utilizzo da parte del lavoratore degli occhiali antinfortunistici e sarebbe dovuto intervenire a sospendere quella pericolosa operazione; in sintesi, veniva contestata la qualifica di preposto di fatto riconosciuta dai giudici del merito in capo al ricorrente, assumendo che la sentenza impugnata affermava la responsabilità del ricorrente senza individuare l’elemento fondante della colpa del medesimo.

Le motivazioni del ricorrente venivano ritenute infondate da parte della Corte di Cassazione con sentenza n. 51459 depositata il 28 dicembre 2023.

Dopo aver rilevato che il reato di cui all’art 19, comma 1, lett. a) contestato all’imputato (insieme al reato ex art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose, per il quale veniva confermata la condanna), essendo stato superato il termine massimo di prescrizione di cinque anni, risultava estinto per intervenuta prescrizione, la Corte chiariva che il ricorrente aveva rivestito di fatto la qualifica di preposto per conto dell’impresa che nel cantiere stava eseguendo i lavori concessi in subappalto. Dalle prove testimoniali assunte, infatti, era risultato che era l’imputato che sovraintendeva all’attività lavorativa e garantiva l’attuazione delle direttive ricevute controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori.

Secondo la Corte, “ va rilevato che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e is i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, indipendentemente dalla sua funzione nell’organigramma dell’azienda”.

In altri termini, pur in mancanza di un’investitura formale, il preposto di fatto è colui che esercita in concreto gli stessi poteri di un preposto assumendo di conseguenza la relativa posizione di garanzia dovendo assicurare la sicurezza del lavoro e sovraintendere alle attività, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando quindi le direttive ricevute dal datore di lavoro.

Il ricorrente ricopriva il ruolo di preposto e quindi, oltre ad essere presente in cantiere, era tenuto a vigilare sulla corretta esecuzione dei lavori, assicurandosi dell’utilizzo dei dispositivi antinfortunistici, a maggior ragione a fronte di una manovra oggettivamente pericolosa, quale era quella di togliere un chiodo da un muro utilizzando uno strumento del tutto inappropriato, per il potenziale distacco di schegge con pericolo di offesa agli occhi, dovendo in assenza delle dovute cautele ordinare la sospensione dei lavori.

Nel caso di specie la vigilanza si rendeva tanto più esigibile e pregnante proprio in ragione della coesistenza di più ditte nello stesso cantiere e di un contesto in cui si incrociavano e si sovrapponevano le mansioni ed i ruoli ed in cui la specifica lavorazione sembrava dover essere ultimata con urgenza.

Infatti, “proprio detta situazione richiedeva, pertanto, una maggiore vigilanza sul corretto utilizzo dei presidi infortunistici (occhiali antinfortunistici)”.

In conclusione, la sentenza impugnata veniva annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo c) (D.Lgs. n. 81 del 2008 art. 19, comma 1, lett. a)) perchè estinto per prescrizione, mentre il ricorso veniva rigettato nel resto.

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