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L’adempimento degli obblighi formativi non è sostituibile dal bagaglio personale di conoscenza del lavoratore

Cassazione Penale, sentenza n. 21031 del 29 maggio 2024.

MASSIMA:

In materia antinfortunistica, l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro ex D.Lgs, n. 81/2008, deve necessariamente precedere l’adibizione del lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto, e non può essere esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, né dal travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori.”.

CONCETTO TRATTATO:

L’apprendimento dovuto dal fatto del lavoratore e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano nè tanto meno valgono a sostituire le attività di informazione e di formazione previste dalla legge.

COMMENTO:

Una Corte di appello confermava la sentenza con la quale un Tribunale aveva dichiarato un soggetto responsabile del reato previsto dagli artt. 40, comma 2, e 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. per avere cagionato lesioni personali ad un dipendente, nella sua qualità di procuratore speciale con delega per la sicurezza di una ditta, con colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché con la violazione della normativa antinfortunistica.

In particolare, il dipendente si stava occupando dell’operazione di taglio a misura di un pezzo di trave: dopo averlo posizionato a terra, teneva fermo il pezzo col piede sinistro mentre con entrambe le mani impugnava la motosega con la quale ne intaccava un’estremità quando improvvisamente la lama della motosega rimbalzava verso di lui (cosiddetto kick back) colpendolo al viso e provocandogli le lesioni.

All’imputato si era contestato di aver omesso di assicurare che il lavoratore ricevesse una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza in merito alle condizioni di impiego della motosega e alle situazioni anomale prevedibili, non risultando adottata alcuna precauzione per fissare il pezzo stabilmente e per evitare il rimbalzo, e nel non aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi alla legislazione vigente e idonee ai fini della salute e della sicurezza, posto che il lavoratore non aveva a disposizione alcuna attrezzatura, ad esempio una morsa, per fissare il pezzo stabilmente nè attrezzature più adatte di una motosega, ad esempio una sega circolare o una sega a nastro, per effettuare l’operazione di taglio.

L’imputato ricorreva in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello aveva errato in quanto aveva omesso di valutare alcune circostanze:

  • il fatto che il lavoratore fosse stato assunto dalla ditta poco prima dell’infortunio;
  • la parte offesa aveva affermato di aver lavorato per quindici anni in proprio costruendo baite e utilizzando la motosega otto ore al giorno per trecento giorni l’anno;
  • il dipendente aveva precisato di aver sempre fatto il carpentiere e il falegname da circa trent’anni;
  • lo stesso lavoratore aveva dichiarato di usare la motosega da vent’anni in su e di non aver mai subito infortuni ed aveva affermato di conoscere il tipo di motosega in questione, utilizzando sempre la stessa tipologia e al 90% quel modello;
  • in seguito ad una ispezione veniva accertato che il lavoratore, prima di essere assunto, aveva svolto corsi di formazione come responsabile del servizio di prevenzione, per l’antincendio e primo soccorso e per il montaggio dei ponteggi, mentre per l’uso della motosega non era previsto un corso specifico come per altri tipi di attrezzature, rientrando nella formazione generale;
  • nel piano operativo di sicurezza presente in cantiere vi era un paragrafo che trattava proprio della motosega tra le varie attrezzature, elencando i dispositivi di protezione individuale a disposizione, come il casco con visiera oppure occhiali, braghe anti taglio, scarpe antinfortunistiche, e che prendeva in considerazione anche il rischio di kick back o rimbalzo trattandosi di rischio molto conosciuto che viene trattato anche dalle linee guida dell’Inail e della Regione.

In sintesi, la difesa sosteneva che nel caso concreto non vi fossero i presupposti per affermare la condotta omissiva del datore di lavoro, posto che l’ispettore del lavoro aveva dichiarato che il lavoratore avesse ricevuto un’adeguata formazione in materia di sicurezza prima della sua assunzione cosicché, visto anche il brevissimo lasso di tempo trascorso tra l’assunzione e l’infortunio, si sarebbe dovuto ritenere che non vi fosse alcun obbligo formativo ulteriore da parte di un’impresa di cui era stata dimostrata l’assoluta diligenza nell’organizzazione dei corsi di sicurezza dei propri dipendenti.

La Cassazione, con sentenza n. 21031 depositata il 29 maggio 2024, dichiarava inammissibile il ricorso.

In merito alla formazione del lavoratore, veniva sottolineato come, per quanto i testi introdotti dalla difesa dell’imputato avessero riferito di corsi di formazione organizzati dalla società, a tali corsi il dipendente non avesse partecipato, ritenendo provato che il lavoratore non avesse ricevuto dal datore di lavoro alcuna formazione e che l’esperienza e la formazione già maturate e acquisite non fossero idonee a sostituire gli adempimenti formativi gravanti sul datore di lavoro.

Infatti, una formazione ulteriore, anche generica, avrebbe certamente favorito l’attenzione e la maggiore consapevolezza in capo al lavoratore dei rischi propri dell’utilizzo di quello specifico strumento, evitando l’eccesso di confidenza con l’attrezzo e la conseguente imprudenza.

Così la Corte: “L’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, deve necessariamente precedere l’adibizione del lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto, non può essere esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, né dal travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro”.

Per quanto riguarda l’assenza in cantiere di altra attrezzatura idonea e adeguata per l’operazione di taglio ovvero di attrezzo idoneo a fissare il pezzo, come ad esempio una morsa, il fatto che la decisione di utilizzare la motosega fosse stata assunta in totale autonomia dal lavoratore non era sufficiente a escludere il nesso di causalità con le omissioni contestate al datore, trattandosi di adempimenti diretti ad arginare e superare l’imprudenza del dipendente; imprudenza più frequente nei lavoratori con esperienza.

Secondo la Corte, inoltre, bene ha fatto la Corte d’Appello a soffermarsi “sull’inidoneità della motosega a disposizione del lavoratore per la lavorazione di piccoli pezzi quale elemento dirimente in rapporto al fenomeno di rimbalzo che si rischia di attivare utilizzando l’attrezzo “di punta””.

Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Con soddisfazione comunichiamo il rinnovo dell’accreditamento della Regione Piemonte per la formazione!