Cassazione Penale, sentenza n. 4927 del 5 febbraio 2024.
MASSIMA:
“In tema di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo di tutela imposto dalla legge, sicché l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile a ogni singolo obbligato”.
CONCETTO TRATTATO:
La sicurezza negli ambienti di lavoro deve essere sempre garantita ai dipendenti e ai terzi, compreso il Direttore dei lavori.
COMMENTO:
Il titolare di una società di capitali ed il suo coordinatore, addetto nello specifico alla attività di rimozione di amianto, venivano condannati per avere cagionato un infortunio ad un geometra libero professionista, il quale, nella sua veste di direttore dei lavori, con qualifica di amministratore della società appaltatrice dei lavori di rimozione della copertura in eternit presso la sede aziendale della società amministrata e coordinata dagli imputati, si era recato presso il cantiere al fine di controllare lo stato dei lavori; dopo essere salito sul tetto del fabbricato tramite un cestello di risalita il geometra calpestava un lucernario che, sotto il suo peso si sfondava facendolo precipitare da una altezza di sette metri.
La Corte d’Appello confermava la sentenza del Tribunale, il quale aveva condannato entrambi per il reato di lesioni colpose gravissime procurate al Direttore dei lavori, riconoscendone la responsabilità sulla base del principio secondo cui le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche dei terzi estranei che si trovino nell’ambiente di lavoro, anche nel caso in cui questi tengano condotte imprudenti: infatti, anche in tali casi, si ravvisa la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sui lavoro proprio quando tra violazione ed evento dannoso vi è un legame causale, a meno che le condotte imprudenti non siano abnormi rispetto al rischio definito dalla norma cautelare violata.
Gli imputati ricorrevano in Cassazione, sostenendo che l’infortunio non si sarebbe in alcun modo potuto prevedere proprio a causa del comportamento imprudente della vittima il quale, nonostante fosse soggetto di comprovata esperienza e avesse sottoscritto il Piano di Sicurezza e Coordinamento che contemplava il rischio di caduta dall’alto e imponeva espressamente l’uso di cinture di sicurezza, non aveva utilizzato tale dispositivo di protezione individuale: pertanto, la loro responsabilità penale avrebbe dovuto essere esclusa proprio per la particolare posizione di garanzia assunta dal direttore dei lavori quale committente-datore di lavoro, e come tale soggetto non paragonabile a qualunque terzo individuo eventualmente presente all’interno dell’ambiente di lavoro.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4927 depositata il 5 febbraio 2024, rigettava il ricorso. Innanzitutto la Corte chiariva che, quando vi sono più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo di tutela imposto dalla legge, perciò l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile a ogni singolo obbligato.
Da un lato, la Corte stabiliva che, come accertato dalla sentenza impugnata “anche nel concreto vi fu l’attribuzione della posizione di garanzia in capo al (…) in quanto committente e direttore dei lavori; dunque, egli certamente assunse il ruolo di co-debitore nell’obbligo di predisposizione del mezzi di prevenzione”. Pertanto, non si nega la qualità di garante in capo alla vittima.
Ma dall’altro lato, il caso di specie andava inquadrato tra le ipotesi di posizioni di garanzia plurime, tutte finalizzate a prevenire la verificazione di infortuni nello stesso ambiente di lavoro, ma che agiscono su diversi livelli di competenza o temporali.
Il ruolo di direttore ai lavori, secondo la Cassazione, non altera quella di soggetto che si muove all’interno dell’ambiente di lavoro e che, in tale veste, è creditore dell’obbligo di sicurezza e prevenzione. Nel caso in questione il ruolo della vittima non incideva sulla responsabilità degli imputati.
Secondo la Corte, “non incide il fatto in sé che la figura dei direttore dei lavori coincida con quella della vittima dei reato. Ciò sia quanto alla ricostruzione dei nesso causale che sotto il profilo della prevedibilità dell’evento”. Infatti, la qualità di direttore ai lavori non cambia la qualità di soggetto che si muove all’interno dell’ambiente di lavoro e che, in tale veste, non può non essere creditore dell’obbligo di sicurezza e prevenzione.
Inoltre, in merito al comportamento della vittima, anche se imprudente, non poteva essere considerato esorbitante. La sentenza impugnata aveva valutato l’imprudenza del Direttore dei lavori in quanto consapevole dei rischi presenti sul tetto e per tale ragione il giudice aveva operato il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche che aveva riconosciuto, e le contestate circostanze aggravanti.
Pertanto, la Corte rigettava il ricorso e condannava gli imputati al pagamento delle spese processuali.