Cassazione Civile, sezione Lavoro, ordinanza n. 28377 del 5 novembre 2024.
MASSIMA:
“Non è riconosciuta la risarcibilità dell’incidente “in itinere” quando il sinistro è provocato da soggetto che guida sotto l’effetto di alcol.”.
CONCETTO TRATTATO:
Quando il sinistro è provocato da soggetto che guida sotto l’effetto di alcolici non viene riconosciuta la risarcibilità dell’incidente in itinere.
COMMENTO:
Una Corte d’Appello respingeva il ricorso di un soggetto avverso la sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda di quest’ultimo nei confronti dell’Inail, volta a far accertare e dichiarare la natura indennizzabile dell’evento occorsogli, come infortunio “in itinere”.
Il Tribunale, attese le risultanze del certificato delle analisi ematiche ed anche i plurimi elementi indiziari convergenti (alitosi alcolica e modalità del sinistro) ricavabili dal compendio documentale in atti, rigettava il ricorso. La Corte d’Appello, da parte sua, confermava la sentenza di primo grado.
Il soggetto proponeva allora ricorso in Cassazione, tramite i seguenti motivi di ricorso: in primo luogo, lamentava una violazione di legge, contestando l’uso nel giudizio civile dei risultati delle analisi ematiche effettuate senza il suo consenso e originariamente destinate solo ai fini penali; in secondo luogo, sosteneva che la Corte d’Appello avesse omesso di esaminare fatti rilevanti, in particolare alcuni elementi che avrebbero potuto mettere in discussione la validità delle analisi ematiche eseguite; infine, il ricorrente contestava l’interpretazione della Corte in merito al concetto di abuso di alcool, affermando che un uso moderato di alcool non avrebbe dovuto automaticamente escludere l’indennizzo.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 28377 depositata il 5 novembre 2024, rigettava il ricorso.
Innanzitutto, la Corte affermava la piena validità delle analisi ematiche anche nel giudizio civile: tali prove, pur ottenute per scopi penali, erano legittimamente utilizzabili per stabilire il nesso tra comportamento e infortunio.
Dopodichè la Corte evidenziava che: “la Corte d’Appello ha accertato che l’abuso di alcool, effettuato dal A.A. in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, aveva integrato un aggravamento del rischio, talmente esorbitante dalle finalità di tutela dall’infortunio, da risultare idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione e attività assicurata”.
Veniva pertanto ribadito che la condotta del ricorrente, ovvero la guida in stato di ebbrezza, costituiva un aggravamento volontario del rischio: tale scelta personale era così significativa da interrompere il nesso causale tra l’attività assicurata e l’incidente, escludendo così il diritto all’indennizzo.
Infine, anche il secondo motivo era infondato in quanto non sussisteva nessun omesso esame di fatti rilevanti, avendo la Corte d’Appello richiamato, con riferimento alla metodologia ed alla attendibilità scientifica delle analisi ematiche, la deposizione testimoniale della dirigente dell’Asl , la quale aveva sovrinteso all’esame ed aveva precisato che era stato eseguito per fini diagnostici, nel rispetto del protocollo vigente nella struttura sanitaria.
Per questi motivi, la Corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente a pagare all’Inail le spese di lite.