Con il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) gli obblighi del Datore di lavoro in tema di valutazione del rischio si sono come ampliati e diversificati. Se la normativa ha in parte confermato quanto già riportato nel precedente D. Lgs. 626/1994, si può parlare di estensione dell’obbligo in relazione al significato ora attribuito (art, 2, D.Lgs. 81/2008) al termine “salute” (stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità). E in relazione alla citazione esplicita dell’ampliamento dell’oggetto della valutazione a tutti i rischi per la salute e la sicurezza, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, nonché quelli riguardanti le lavoratrici madri, quelli connessi alle differenze di genere, all’età e alla provenienza da altri paesi.
Come ricordato nell’intervento che ci accingiamo presentare, è del tutto evidente la portata innovativa del precetto che obbliga il datore di lavoro a prendere in considerazione, nella valutazione, non soltanto i fattori di rischio ambientali e organizzativi (tra i quali, evidentemente, i rischi legati allo stress lavoro-correlato) ma anche quelle condizioni dei lavoratori (differenze di genere, di età e di provenienza geografica) che possono rappresentare, indubbi elementi individuali di suscettibilità a taluni specifici fattori di rischio.
Continuando a tenere alta l’attenzione sul tema della valutazione dello stress lavoro-correlato, presentiamo un intervento raccolto nel Rapporto Istisan 12/19 relativo al corso di formazione “Gestione del personale, qualità della vita di lavoro e stress lavoro-correlato” organizzato nel 2011 dal Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria (AMPP) dell’ Istituto Superiore di Sanità (ISS).
In “Il medico competente e la prevenzione del rischio stress lavoro-correlato” (scaricabile dal link a fondo pagina) si sottolinea che quanto esplicitamente previsto dal D.Lgs. 81/2008 riguardo alla valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato non può che trovare indispensabile consecutio logica nelle funzioni del medico competente aziendale, il quale è chiamato a collaborare con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro (art. 25, c.1, lett. a).
In particolare, si segnala che sul ruolo del medico del lavoro nell’accertamento e nella prevenzione delle patologie stress lavoro-correlato e, in modo particolare, dei quadri riconducibili a condotte mobbizzanti, il dibattito scientifico ha registrato in questi anni il pronunciamento di vari Autori.
E molti di questi non hanno certo evitato di sottolineare tutta la complessità per il medico competente nello gestire situazioni pre-morbose e francamente morbose derivate non già dall’azione di agenti esogeni, ma da condizioni cagionate o da difetti dell’organizzazione del lavoro o da comportamenti francamente antigiuridici di singoli o di gruppi di soggetti.
In merito alla prevenzione primaria, il medico competente è chiamato a contribuire – in virtù della lettera e dello spirito del richiamato art. 25 c.1 – sia nella fase di valutazione, sia nella successiva gestione del rischio, promuovendo presso il datore di lavoro le migliori pratiche valutative e gestionali secondo gli orientamenti scientifici più efficaci.
Tuttavia, è nelle attività di sorveglianza sanitaria (art. 25 c.1 lett. b, D.Lgs. 81/2008) che si concretizza in realtà la funzione più delicata del medico competente. È nel corso di questa pratica che può avvenire infatti l’opera di prevenzione secondaria attraverso il rilevamento del disagio dal lavoro e la diagnosi precoce dei disturbi e delle patologie stress lavoro-correlato. E poiché il corteo dei sintomi e dei segni che precede la strutturazione di quadri morbosi stabili inquadrabili nell’ambito delle ‘reazioni ad eventi’ (‘disturbo dell’adattamento’, ‘disturbo post traumatico da stress’, ecc.) ha in genere una lunga durata, esso si presta assai bene a potere essere rilevato nel corso di campagne di sorveglianza sanitaria.
Si ricorda che sono numerosi i disturbi e le condizioni patologiche associate agli effetti dello stress: tra questi, i disturbi dell’apparato cardiovascolare (soprattutto cardiopalmo e tachicardia, ma anche ipertensione arteriosa), del sistema gastroenterico (irregolarità dell’alvo, inappetenza, dimagramento, nausea, ecc.), dell’apparato muscolo-scheletrico (esaltazione della sintomatologia algica soprattutto dorso-lombare), della sfera sessuale e dell’apparato genitale, disturbi del sonno, ecc.; essi debbono essere attentamente ricercati nel corso della sorveglianza sanitaria periodica allo scopo d’individuare, se del caso, opportuni percorsi di approfondimento specialistico.
L’art. 41 (Sorveglianza sanitaria) del Testo Unico chiarisce le due situazioni in cui la sorveglianza sanitaria è obbligatoria:
- nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive europee nonché dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all’articolo 6: riguarda “tutte le situazioni in cui il datore di lavoro, in collaborazione con le figure preposte (servizio di prevenzione e protezione e medico competente) abbia individuato la persistenza, nell’ambiente e nell’organizzazione del lavoro, di uno o più rischi residui per la salute e la sicurezza dei lavoratori e qualora gli effetti sulla salute di siffatti fattori di rischio possano essere suscettibili di (efficace) prevenzione con l’intervento sanitario del medico competente
- qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi”: tale condizione “sembra riguardare qualsiasi lavoratore ne faccia richiesta, purché però la richiesta sia ritenuta dal medico competente correlata con i rischi lavorativi
L’intervento, che vi invitiamo a visionare integralmente, si sofferma poi su diverse tipologie di visite facenti parte della sorveglianza sanitaria, ad esempio:
- visita medica in occasione del cambio della mansione
- visita medica su richiesta del lavoratore
- visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro
- visita medica precedente alla ripresa del lavoro
Al di là dell’obbligo – conclusa la campagna di sorveglianza sanitaria dei lavoratori – di comunicare per iscritto i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria e di fornire indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, l’autore si sofferma su un ultimo aspetto: il giudizio d’idoneità alla mansione specifica.
È un atto formale e obbligatorio per legge che deve seguire ciascuna visita di sorveglianza sanitaria e rappresenta uno dei momenti più qualificanti dell’intera attività del medico competente” assumendo connotati di “estrema delicatezza nei casi di disturbi o di patologie originate o aggravate dal clima organizzativo aziendale.
Insomma, conclude l’intervento, intervenendo attivamente sui rischi organizzativi con gli strumenti e le modalità tipiche della medicina del lavoro (osservazione – valutazione – azione), si schiude al medico competente l’opportunità di dare completo corso al mandato istituzionale di promuovere il benessere dei lavoratori e di adempiere all’obbligo normativo di collaborare con il datore di lavoro alla predisposizione dell’attuazione delle misure per la tutela della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori.