Cassazione Penale, sentenza n. 49495 del 13 dicembre 2023.
MASSIMA:
“In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, sia interruttiva del nesso di condizionamento si realizza nel solo caso in cui la stessa si collochi in qualche modo al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso, di modo che il comportamento possa ritenersi derivante esclusivamente dal centro decisionale facente capo al lavoratore, potendosi quindi considerare il fattore di rischio come non connaturato alle mansioni svolte o assegnate e quindi non prevedibile e governabile da parte del datore”.
CONCETTO TRATTATO:
In tema di sicurezza e di igiene del lavoro, viene contestata al datore di lavoro la mancanza nel DVR di un’analisi del pericolo cui era concretamente esposto qualsiasi lavoratore all’atto di accedere nell’area di caricamento automatico delle billette destinate alla pressa.
COMMENTO:
Una Corte d’appello riformava la sentenza di un Tribunale nei confronti di un imputato, in qualità di direttore generale e procuratore, accusato del reato previsto dall’art. 590 c.p., (lesioni personali colpose). Veniva contestato all’imputato di avere cagionato gravi lesioni personali ad un lavoratore infortunato per colpa generica nonchè per colpa specifica consistita nella violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, comma 2, lett. a). Nello specifico l’imputato non aveva valutato tutti i rischi connessi all’area esterna di caricamento automatico delle billette della pressa, con particolare riferimento alla valutazione dei rischi cui si trovasse esposto il lavoratore all’atto dell’entrata nella camera insonorizzata per eventuali operazioni di manutenzione.
Inoltre, a Corte d’Appello aveva altresì rilevato come non si fosse presentato il cosiddetto rischio eccentrico in ragione del dedotto carattere abnorme del comportamento del lavoratore; il giudice di secondo grado aveva dato atto del fatto che il lavoratore aveva premuto – presumibilmente in modo non adeguato – il tasto di blocco del caricamento automatico, attivando quindi il pur inadeguato presidio di sicurezza predisposto dall’azienda e che l’accesso nella cabina era comunque già avvenuto nei giorni precedenti con analoghe modalità, per cui il relativo comportamento non poteva ritenersi frutto di un’iniziativa estemporanea della persona offesa, quale addetto alla suddetta pressa.
L’imputato ricorreva in Cassazione ,sostenendo che la zona di caricamento dove era avvenuto l’infortunio era collocata all’esterno del capannone ove si trovava la pressa cui era addetto il lavoratore; su tale zona la persona offesa non era investita di alcun genere di mansione e che alle conseguenti problematiche di tale macchinario avrebbero dovuto provvedere solo e unicamente i manutentori. La persona offesa aveva comunque malamente azionato il dispositivo di blocco ovvero di messa in modalità manuale, ravvisandosi quindi un comportamento abnorme e inadeguato in capo al lavoratore e tale da escludere il nesso di causalità con l’omissione addebitata all’imputato.
Il ricorso, con sentenza n. 49495 depositata il 13 dicembre 2023, veniva ritenuto inammissibile dalla Corte di Cassazione.
Secondo la Corte, il documento di valutazione dei rischi non conteneva alcuna analisi del pericolo cui era concretamente esposto qualsiasi lavoratore all’atto di accedere nell’area di caricamento automatico delle billette destinate alla pressa, con specifico riferimento a quello derivante dall’eventuale contatto con gli organi in movimento dell’apparecchiatura.
La Corte d’Appello ha quindi ritenuto che “l’omessa predisposizione del documento di valutazione dello specifico rischio sia idoneo a fondare un addebito colposo nei confronti del datore di lavoro, in quanto il relativo inadempimento ha concretamente impedito l’apprestamento di uno strumento cautelare specifico che avrebbe impedito il verificarsi dell’evento dannoso”.
La sentenza impugnata applicava quindi i consolidati principi in base ai quali – in tema di prevenzione degli infortuni – il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Veniva quindi chiarito il seguente principio di diritto: “il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, all’interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata”.
Per quanto riguarda il comportamento del lavoratore, il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia qualificabile come abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, solo al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente e ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.
Infatti, “perchè la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia”.
Le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l’area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli
Nel caso di specie, veniva escluso qualsiasi carattere di abnormità in capo al comportamento del lavoratore, in conseguenza del carattere complementare delle mansioni svolte e – in ogni caso – dell’azionamento del (pur inadeguato) meccanismo di blocco del caricamento automatico, presumibilmente non azionato in conseguenza solo di un imperfetto utilizzo del relativo pulsante; infatti, sempre in coerenza con i predetti principi, deve ritenersi che il datore di lavoro non possa comunque ritenersi esente da responsabilità per l’infortunio quando – come nel caso di specie – abbia omesso di predisporre i necessari presidi prevenzionali per effetto della mancata previsione del relativo rischio nel documento di valutazione.
Conseguentemente, la Corte dichiarava inammissibile il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.