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Caduta mortale dell’operaio edile che svolge lavori in quota in assenza di condizioni di sicurezza idonee e adeguate.

Cassazione Penale, sentenza n. 12332 del 26 marzo 2024.

MASSIMA:

“Qualora l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia, in quanto l’inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del datore di lavoro”.

CONCETTO TRATTATO:

Comportamento di un lavoratore: quando non è eccentrico o esorbitante.

COMMENTO:

Una Corte di appello riformava parzialmente, riducendo il trattamento sanzionatorio, la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale nei confronti dell’amministratore unico e responsabile del servizio di prevenzione e protezione di un’impresa edile, imputato del delitto di omicidio colposo, il quale per colpa, consistita nella violazione degli artt. 111, comma 1, e 113, comma 5, d. lgs. 9 aprile 2008, n.81, aveva cagionato il decesso di un lavoratore, muratore specializzato dipendente dell’impresa.

Il lavoratore incaricato di effettuare un sopralluogo presso una villetta, per verificare la presenza di infiltrazioni di acqua piovana dal tetto, era deceduto per politrauma a seguito di caduta dall’altezza di circa nove metri; l’imputato aveva consentito che il lavoratore effettuasse il lavoro in quota in assenza di condizioni di sicurezza e condizioni ergonomiche adeguate, in quanto il medesimo si era posizionato in un luogo inadatto allo scopo e privo delle attrezzature idonee a garantire le condizioni di sicurezza dell’operazione (ad esempio piattaforma mobile, c.d. cestello), dato che la villetta non presentava alcuna predisposizione o scala specifica per accedere al tetto spiovente; l’imputato aveva anche aver omesso di fornire al lavoratore una scala adeguatamente assicurata o trattenuta al piede da altra persona, tanto che il lavoratore aveva utilizzato una scala molto più alta del muro sul quale l’aveva appoggiata, quindi soggetta a sbandamenti.

L’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basando la propria difesa sul fatto che il lavoratore aveva agito di propria iniziativa e aveva tenuto una condotta abnorme e esorbitante dall’area di rischio posta sotto la sua garanzia comunque tale da interrompere il nesso causale fra le omissioni
contestategli e l’evento.

La Cassazione, con sentenza n. 12332 depositata il 26 marzo 2024, rigettava il ricorso.

Veniva sottolineato, infatti, che nel caso di specie il comportamento del lavoratore non poteva essere considerato eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del datore di lavoro in quanto l’assenza di qualsiasi forma di tutela da parte di quest’ultimo aveva determinato un ampliamento della sfera di rischio sottoponendo il lavoratore stesso a una maggiore probabilità di subire un infortunio.

Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello aveva giustamente escluso che la condotta imprudente del lavoratore potesse qualificarsi come abnorme, dal momento che l’imputato, in qualità di amministratore unico e di responsabile del servizio di prevenzione protezione, aveva consentito che l’operaio edile svolgesse lavori in quota in assenza di condizioni di sicurezza idonee e adeguate e aveva consentito di eseguire tale lavoro in assenza di qualsiasi prova circa la scelta o predisposizione di adeguate istruzioni in merito ai presìdi da adottare o circa la predisposizione di protocolli di intervento o circa una valida delega dei suoi obblighi a terzi.

Infatti, “se l’imputato avesse ottemperato agli obblighi previsti dalla normativa antinfortunistica, l’evento morte non si sarebbe verificato secondo un giudizio di elevata credibilità razionale in quanto si sarebbe evitato di lasciare che il lavoratore operasse in condizioni di improvvisazione accedendo al tetto con una scala reperita sul posto di altezza incongrua rispetto all’altezza tra il tetto e il piano di appoggio e semplicemente appoggiata, senza alcuna attrezzatura idonea a prevenire le cadute dall’alto”.

Nel corso dei giudizi precedenti, veniva evidenziato che la causa prima dell’evento fosse da individuare nella marcata superficialità nell’organizzazione del lavoro, nell’assenza di attrezzature idonee e nell’assenza di qualsiasi istruzione di carattere generale e particolare, ossia nell’inottemperanza a obblighi specificamente gravanti sul datore di lavoro, dunque rientranti nell’area di rischio della quale egli è costituito per legge gestore e garante.

Il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia, soprattutto nel caso in cui l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro.

Nel caso di specie, l’inesistenza di qualsiasi forma di tutela aveva determinato un ampliamento della sfera di rischio di infortunio del lavoratore, fino a ricomprendere atti il cui prodursi erano dipesi dall’inerzia del datore di lavoro.

La Corte, inoltre, ricordava il principio già espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di reati colposi omissivi impropri, “l’effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare”.

Nel caso di specie, non era stato provata l’introduzione di nessun rischio nuovo o esorbitante.

Per questi motivi la Corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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