Cassazione Penale, sentenza n. 35510 del 27 settembre 2021.
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MASSIMA:
“In base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, intesa in senso naturalistico, che, seppur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero”.
CONCETTO TRATTATO:
La Corte di Cassazione si esprime sulla responsabilità di committente, appaltatore, sub-committente e datore di lavoro in relazione ad un infortunio occorso ad un lavoratore all’estero.
COMMENTO:
Un lavoratore italiano perdeva la vita prestando la propria opera di elettricista su una nave battente bandiera indiana, mentre si trovava a Mumbai. Veniva accertato che il lavoratore era intento a svolgere la propria attività privo degli idonei dispositivi di sicurezza, nonché di adeguata formazione e informazione. I lavori da svolgere sulla nave erano, inoltre, oggetto d’appalto e di ulteriore sub-appalto affidato alla ditta di cui era dipendente il lavoratore deceduto.
I primi gradi di giudizio confermavano la responsabilità penale nei confronti del committente, dell’appaltatore che aveva a sua volta sub-appaltato le opere, nonché del datore di lavoro della società destinataria finale dell’appalto e di cui era dipendente la vittima.
In particolare, venivano ritenuti responsabili, a titolo di cooperazione colposa nel delitto di omicidio colposo sia il titolare e responsabile per la sicurezza sul lavoro della società di cui era dipendente il lavoratore, sia il legale rappresentante della committente dell’impianto ove si è verificato l’incidente, sia infine il legale rappresentante della appaltatrice dei lavori, che aveva subappaltato, a sua volta, alla società del dipendente deceduto, proprio le attività riguardanti le componenti elettriche; inoltre, il committente e l’appaltatore venivano ritenuti responsabili per aver omesso la necessaria valutazione dei rischi connessi ai lavori da effettuare e, di conseguenza, per non aver organizzato un preventivo sistema di informazione e formazione sui rischi individuati e su come operare in sicurezza.
Gli imputati ricorrevano in Cassazione contestando, tra gli altri motivi, la giurisdizione italiana e il concetto di luogo di lavoro ma la Corte, con sentenza n. 35510 depositata il 27 settembre 2021, rigettava i ricorsi.
Per quanto riguarda l’affermazione della giurisdizione italiana, la Corte sottolineava come, in relazione a reati commessi in parte all’estero, sia sufficiente che nel territorio italiano si sia verificata anche solo una parte della condotta e che possa essere collegata a quella realizzata in territorio estero.
Nel caso di specie, quindi, era corretto ravvisare la giurisdizione italiana, in quanto l’omissione si era realizzata in territorio nazionale. Inoltre, precisava la Corte che l’infortunio non aveva coinvolto “appartenenti alla c.d. ‘comunità navale’ sottoposta, come tale, alla giurisdizione dello Stato cui la nave appartiene, ma bensì estranei alla detta comunità quali (…) lavoratori italiani”.
L’omissione consisteva nella mancata formazione e informazione del lavoratore per prevenire qualsiasi rischio di infortunio (ciò avrebbe dovuto realizzarsi in Italia, in epoca anteriore al concreto esercizio dell’attività lavorativa in territorio straniero).
Così la Corte: “La normativa italiana in materia infortunistica, essendo posta a presidio del bene fondamentale della salute in ambito lavorativo, di sicura rilevanza costituzionale, deve considerarsi di ordine pubblico, per cui i datori di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie, al fine di prevenire possibili infortuni, ovunque l’attività lavorativa si svolga”.
Sugli obblighi di formazione del lavoratore, la Corte sosteneva che: “va ricordato che il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi”.
Viene pertanto sottolineatal’importanza della formazione del lavoratore anche se lo stesso opera all’estero.
Per quanto riguarda il concetto di “luogo di lavoro”, rilevante per la sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, la Cassazione specificava che in tale concetto non rientra solo il cantiere in senso stretto, bensì ogni altro luogo in cui il lavoratore sia costretto a recarsi per lo svolgimento delle attività affidategli.
La Corte precisava che “Nella nozione di luogo di lavoro rilevante ai fini della sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro e in cui il lavoratore deve o può recarsi per provvedere a incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività”.
In altre parole, è luogo di lavoro quello in cui i lavoratori siano necessariamente costretti a recarsi per provvedere ai compiti relativi alle mansioni che si svolgono in tale luogo, pertanto, nel caso di specie, non può dubitarsi che l’incidente fosse indiscutibilmente avvenuto sul posto di lavoro, in cui rientrava anche la diversa zona della nave, dove il lavoratore stava eseguendo un’attività strettamente connessa con le mansioni affidategli, sebbene situata in luogo lontano dalla sua ordinaria postazione.
Per questi ed altri motivi la Corte rigettava i ricorsi e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.