di Stefania Scuteri
Paura, ansia al solo pensiero di dover uscire nuovamente dalle nostre case, di dover riprendere i nostri impegni di lavoro fuori dalle nostre abitazioni. Questa dimensione emotiva in psicologia è chiamata sindrome della capanna e, inaspettatamente, sta colpendo un gran numero di persone.
Probabilmente voi lettori sarete sorpresi…In fondo, chi di noi non vedeva l’ora di riprendere contatto con il mondo reale, con la nostra routine? Tuttavia, di fatto, sono moltissime le persone che si sentono invadere da una sensazione di angoscia alla sola idea di varcare la soglia di casa.
La prima cosa da chiarire è che si tratta di una reazione normale: non si tratta di un disturbo psicologico. Le misure implementate per fronteggiare l’emergenza, prime fra tutte l’isolamento, hanno abituato il nostro cervello a quella sicurezza che sovente ritroviamo solo tra le mura domestiche. Spesso il cambiamento fa più paura della sofferenza presente.
Oltre ciò dobbiamo considerare che il Coronavirus non è affatto scomparso. Il rischio di contagio è ancora presente ed è pertanto comprensibile che la paura di ammalarsi aumenti la nostra insicurezza e il timore di uscire.
Riportiamo di seguito alcuni tra i sintomi più comuni che caratterizzano la sindrome della capanna:
- letargia: una condizione che ci fa sentirsi stanchi, rende difficile alzarsi al mattino, oltre che necessari lunghi pisolini pomeridiano. Allo stesso tempo si possono sperimentare sintomi cognitivi come difficoltà di concentrazione e scarsa memoria;
- demotivazione, scarsa lucidità;
- alimentazione poco salubre: ricerca di alimenti molto zuccherati per placare l’ansia;
- emozioni depotenzianti: tristezza, paura, angoscia, frustrazione;
- paura di uscire: chi soffre di questa sindrome si limita a esprimere poca voglia di uscire perché sta bene in casa, dove c’è tutto quello di cui ha bisogno.
In questi casi è necessario pensare a delle strategie di fronteggiamento funzionali ed adattive che considerino tuttavia la necessità di comprendere e rispettare l’atteggiamento di chi, in questo momento, non vive con piacere questa fase di ritrovato contatto con il mondo esterno.
Quali strategie possono venirci in soccorso?
Darsi tempo è la prima condizione; il tempo sarà nostro alleato. Procediamo a piccoli passi e azzardiamo quando ci sentiremo più tranquilli.
Come abbiamo detto, la sindrome della capanna non è un disturbo psicologico. Racconta più semplicemente di una situazione emotiva normale dopo un contesto di isolamento durato diverse settimane. Non alimentate, quindi, paura e ansia con il pensiero di aver perso il controllo della situazione.
Sarà necessario sviluppare delle nuove abitudini. Per ridurre gli effetti della sindrome della capanna, provate ad esempio a stabilire e a seguire una routine giornaliera. Dividete la giornata in momenti di lavoro o pulizia della casa, tempo per mangiare in modo sano e fare esercizio fisico.
E le organizzazioni che ruolo hanno in tutto questo?
Le organizzazioni dovranno sempre più sviluppare ed esprime la capacità di prestare attenzione e ascolto a tutti gli aspetti della comunicazione con le proprie risorse; quando le persone subiscono un trauma la prima cosa che desiderano è non essere sole. Talvolta non è nemmeno necessario dire o fare cose particolari, ma semplicemente esserci.
Allo stesso tempo dovranno farsi carico di questo processo di cambiamento mantenendo una comunicazione aperta e onesta con i propri dipendenti: è necessario potersi fidare reciprocamente, di una comunicazione empatica, coinvolgente, che sia un mezzo attraverso cui comprendere insieme e meglio un fatto che dev’essere percepito come collettivo, e non come problema del singolo individuo.
La coesione riduce la paura, rinforza il senso di appartenenza, attiva risorse e ci fa uscire dalle nostre case meno timorosi.
Prevedere sportelli di counseling per i propri dipendenti contribuirà a garantire un accompagnamento progressivo al lavoro e al rientro alla normalità grazie a un’occasione di crescita e di potenziamento del proprio livello di benessere. Si potrà aderire su base volontaria e anonima.
Immaginare percorsi di coaching per potenziare capacità e competenze di leadership per tutti coloro che sono chiamati a gestire e coordinare risorse in un momento così straordinario e a tratti ancora imprevedibile.
Puntare sulla formazione come leva strategica di successo per sviluppare e aggiornare competenze, favorendo la crescita professionale e acquisendo strumenti per migliorare le capacità di:
- comunicare in modo efficace
- gestire le emozioni, negoziare
- riconoscere, esprimere e impiegare nel contesto lavorativo le proprie potenzialità
- gestire le relazioni e i conflitti
- essere in grado di indirizzare, motivare e valorizzare i propri collaboratori, potenziare competenze e ruoli.
Ormai è chiaro a tutti che, tra mascherine, distanziamento sociale, ingressi scaglionati al lavoro e nei luoghi dove l’accesso è consentito, nulla sarà più come prima della quarantena.