di redazione
Il 26 settembre è entrato in vigore il decreto legge 116/2020 in materia di rifiuti. Le novità sono molte. Il recente recepimento nel nostro ordinamento delle direttive europee sull’economia circolare ha portato infatti ad una revisione strutturale del Codice dell’Ambiente del 2006 (Decreto Legislativo 152/2006 e smi) sotto vari aspetti. L’obiettivo è ridurre l’impatto ambientale dei prodotti attualmente sul mercato ed incentivare la produzione di articoli dal ciclo di vita più lungo e sostenibile. Insomma, bisogna concepire un oggetto pensando già al suo smaltimento e permettendone quanto più possibile il suo riutilizzo, la riparazione, il riciclo e il recupero di tutti i suoi componenti e dei materiali.
La principale innovazione consiste nel maggior numero di figure coinvolte nella gestione dei materiali e dei rifiuti e l’estensione delle responsabilità per lo smaltimento da parte dei produttori, per il quale il Ministero dell’Ambiente istituisce il Registro Nazionale. Il produttore mantiene quindi la responsabilità della corretta gestione del proprio rifiuto anche dopo averlo consegnato ai soggetti autorizzati al trattamento.
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La responsabilità del produttore e del detentore di rifiuti non si esaurisce con obblighi documentali ma devono essere perfezionati con la gestione pratica dei rifiuti, a cominciare dalla codifica CER fino ad arrivare alla gestione del deposito temporaneo secondo nuovi criteri.
Gli adempimenti relativi ai registri di carico e scarico e dei formulari saranno definiti con appositi decreti di prossima emanazione e diverranno a compilazione cronologica, trovando sede in un Registro Elettronico Nazionale, gestito direttamente dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali.
Cambia, secondo l’articolo 183 del TUA, la definizione di rifiuto urbano, che sarà applicabile da 1° gennaio 2021. I rifiuti individuati nell’allegato L-quater parte IV del Codice Ambientale prodotti dalle attività elencate nell’allegato L-quinquies parte IV del Codice Ambientale (allegati che, al pari della nuova definizione di rifiuti urbani di cui alla lettera b-ter dell’articolo 183), nel quale non appaiono le attività industriali con capannoni, saranno rifiuti urbani e come tali andranno trattati a meno che l’utenza non domestica non avvii tali rifiuti al recupero. Al contrario, non saranno mai urbani, ma sempre speciali, i rifiuti prodotti da utenze diverse da quelle elencate nell’allegato L-quinquies, come nel caso delle attività industriali con capannoni.
Il legislatore diversifica le opzioni di trattamento per le utenze non domestiche, secondo le categorie produttive. In pratica, per gli aventi diritto, i rifiuti assimilabili a quelli da utenze domestiche potranno prendere due diverse strade di smaltimento. La prima consiste nell’avvalersi del servizio pubblico di raccolta; la seconda permette di scegliere uno smaltitore privato di propria preferenza. Nel primo caso la scelta dovrà essere portata avanti per i cinque anni successivi e sarà inserita nel regolare conteggio della tassa rifiuti. Nel secondo caso non ci saranno vincoli contrattuali temporali e si potrà procedere con la di detrazione della Tari.
Sono introdotte nuove specifiche per tutti gli imballaggi che dovranno essere opportunamente etichettati in conformità alle norme UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitarne la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulla destinazione finali.
L’articolo è estratto dall’aggiornamento normativo curato da EcoSafe. Il testo completo è una prerogativa dei possessori del servizio SCAN. Scopri di più